VI DOMENICA DI AVVENTO
22 Dicembre 2019 Lc 1,26-38
22 Dicembre 2019 Lc 1,26-38
AVVENGA PER ME LA TUA PAROLA
Non ci siamo arresi agli eventi negativi della vita ma abbiamo scelto di mettere a frutto i talenti. La disponibilità a mettersi in gioco è in realtà un atteggiamento da grandi che alimenta la gioia della speranza. Adesso ci prepariamo alla nascita di Gesù. Come?
E’ l’ora di dire di “si” a Dio.
L’avverbio “sì” è la parola italiana usata generalmente per comunicare una risposta positiva. Serve per rispondere affermativamente a una domanda, oppure può indicare genericamente accordo, assenso, consenso, adesione a una proposta. Ecco: il Natale non è completamente realizzato – non l’Incarnazione di Dio ma il suo esito, i suoi frutti – se non diamo una risposta personale a questo evento che ci interpella, ci sollecita, ci chiama.
E’ l’ora di dire di “si” a Dio, uscendo da quella micidiale modalità di relazione che conta più i like che il rapporto affettuoso faccia a faccia. Sono convinto che l’Angelo Gabriele, anche se avesse avuto il numero di whats app di Maria, avrebbe scelto di incontrarla personalmente per comunicarle l’incredibile benevolenza di Dio che l’ha scelta per diventare la sua mamma. Come si fa a scrivere parole così intense e cariche d’amorevole predilezione in un messaggio? “Rallegrati – gioisci, trasalì di gioia – perché sei stracolma della grazia di Dio”. Solo attraverso uno sguardo si può comunicare e ricevere così belle parole.
E’ l’ora di dire di “si” a Dio, per la sua affidabilità, in virtù di una promessa giù realizzata: lo Spirito santo è sceso su di noi, come su Maria, scende su di noi ogni volta che lo invochiamo e la sua ombra copre la nostra vita, a tal punto da renderla bella e degna di essere vissuta, anche nelle pieghe più nascoste, dubbie, dolorose che si possono presentare cammin facendo.
C’è un aspetto del dialogo di Maria con l’Angelo che le annuncia profeticamente il suo nuovo futuro. Certo, il dialogo si conclude con la parola dell’affidamento incondizionato a Dio e alla sua Parola, ma l’affidamento è quello di un cuore che ha conosciuto il turbamento e il dubbio. Un cuore libero, non soggiogato da una forza invincibile, un cuore libero e che è segnato dalla fatica e dall’incertezza dell’interrogare.
Quante volte anche noi ci troviamo nell’incerto chiarore dell’alba o del tramonto piuttosto che nella luminosità abbagliante del mezzogiorno o nell’oscurità della notte. Così fede e dubbi convivono in noi e per riprendere la felice intuizione del cardinale Martini, un credente e un non credente convivono in noi, si interrogano, si confrontano, si scontrano.
E’ l’ora di dire di “si” a Dio: il credente che è in noi deve essere risvegliato, incoraggiato, motivato a percorrere la sua strada, quella dell’affidamento che non ha altra garanzia – usiamo in prestito le parole di una mistica del nostro tempo, Maddeleine Delbrel – che “questa fatica regolare dello stesso lavoro ogni giorno da fare, della stessa vita da ricominciare, degli stessi difetti da correggere, delle stesse sciocchezze da non fare”.
“Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Nella risposta finalmente assertiva, espressione del totale affidamento al futuro profetizzato da Dio, c’è una intuizione spirituale profonda e attuale. Essa è racchiusa in quel “per me” che la nuova traduzione ha sostituito alla precedente “di me”. Il Signore consegna ciascuno il suo futuro, la sua vocazione. Essa non è mai sganciata dall’umano che è singolare, è proprio di ciascuno. Questo “per me” rivela l’amore di Dio che non ci uniforma, non ci appiattisce, non ci vuole uguali o fotocopie l’uno dell’altro bensì ci chiede di essere unici, irripetibili, originali. A ciascuno è dato un dono, un compito, un ruolo nel mondo che è il suo, che non ha nessun altro, che può realizzarsi solo grazie al suo personale e convinto “si”.
E’ l’ora di dire di “si” a Dio sull’esempio di Maria, dei Santi e di tutti gli uomini e le donne del nostro tempo che vivono da credenti e rispondono alla vita assumendo su di se la loro propria vocazione, la chiamata di Dio riconosciuta in quel “per me” che fa grande Dio e fa grandi noi. Non solo la vocazione alla vita religiosa e consacrata, alla famiglia, alla maternità e alla paternità, al servizio, alla solidarietà, all’azione sociale e politica, e tutto questo a partire dall’affidamento a quel Dio che si incarna nell’umanità e ci consegna la responsabilità di costruirla secondo il progetto della creazione, giorno dopo giorno.
In questi pochi giorni alla celebrazione del Natale, nessun esercizio: entriamo personalmente in questo mistero vocazionale che da Maria e dall’Incarnazione ha inizio nella storia.
Pubblicato il 20 Dicembre 2019