V DOMENICA DI AVVENTO

V DOMENICA DI AVVENTO

15 Dicembre 2019 Gv 1,6-8.15-18

15 Dicembre 2019 Gv 1,6-8.15-18

QUINTA DOMENICA: DIO NESSUNO L’HA MAI VISTO, GESU’ LO HA RIVELATO

“Dio nessuno l’ha mai visto” è la chiusura del testo evangelico di questa domenica. Un’affermazione semplice, chiara, vera. Non solo perché corrisponde alla nostra esperienza (o mancanza di essa), soprattutto per l’imprescindibile incomunicabilità tra la natura umana, fragile, fallibile, limitata e la “natura” di Dio, che per usare un’espressione del catechismo di una volta è definito “essere perfettissimo”, infinito, illimitato, infallibile…

La domanda si impone: se Dio nessuno l’ha mai visto, come possiamo parlarne? Non può reggere a lungo un’invenzione umana, qualora “dio” fosse scaturito dalla necessità dell’uomo di dare un significato ultimo all’esistenza. Di più: se Dio nessuno l’ha mai visto come possiamo conoscerlo?

Entriamo decisamente nel mistero dell’Incarnazione, l’evento che è accaduto in un contesto storico ben preciso, in un tempo e in un luogo identificabili: la nascita di un bambino di nome Gesù, è la nascita “umana” di Dio. E questa nascita è stata immortalata non da uno scatto fotografico ma dall’immaginazione spirituale del Santo di Assisi, che seguendo i racconti evangelici, ha realizzato il presepe. Esso cattura i sentimenti e le emozioni, ci fa – ma è la bugia più evidente della storia umana – più “buoni”.

Ma lo dobbiamo dire! Non è questo il mistero dell’Incarnazione. Non è questo il modo di conoscere Dio, di “vederlo” e di comprenderne la sua natura dentro le pieghe della storia. A volte ho l’impressione che, come accade alle mamme, anche noi cristiani del terzo millennio non facciamo mai crescere Gesù. Ci piace infante, perché la sua tenerezza ammorbidisce il timore della crescita, dell’adolescenza, della giovinezza, della maturità. Ci piace piccolo perché così possiamo disporne quanto vogliamo senza esserne troppo coinvolti così da dover cambiare il nostro modo di vivere.

L’Incarnazione di Dio ha un’altra origine, un altro percorso, un’altra destinazione.

E’ l’ora di prepararci alla nascita di Gesù, riconoscendo in Lui, un uomo adulto che sceglie liberamente quale  corso dare alla sua vita e suggerisce a noi la strada per acquisire questa maturità sulla vita: dare ad essa una direzione e una destinazione.

E’ l’ora di prepararci alla nascita di Gesù, riconoscendo in Lui il volto di Dio. E’ vero: Dio nessuno l’ha mai visto, ma l’evangelista continua: “il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Queste parole sono cariche di significato e scarse di emotività, ricche di ragionevolezza e povere di fantasia. Gesù è – anzitutto – Dio. Per questo rivela il suo volto, ci abilità alla conoscenza del divino: perché è la Parola di Dio per noi comprensibile, accessibile, pienamente… umana. Credere in Dio non è allora una vuota affermazione estemporanea, tradizionale, necessaria, a tal punto che, se non la diciamo, sembra che manchi qualcosa. Credere in Dio equivale a seguire l’umanità di Gesù, l’uomo adulto (non il fanciullo!) che ha vissuto concretamente la fede incondizionata nel Padre.

E’ l’ora di prepararci alla nascita di Gesù nell’esercizio della testimonianza, perché è la modalità concreta per dare visibilità all’Incarnazione. Giovanni battista è testimone della luce, cioè di quella grazia di Dio che illumina la vita di ciascuno; è testimone dell’amore di Dio, definitivo e irrevocabile, che è da sempre riservato all’intera umanità, al creato che ci è dato in dono. Una testimonianza, quella di Giovanni, che deve essere assunta anche da noi, se vogliamo che sia ancora e sempre un Natalòe cristiano, di fede.

E’ l’ora di prepararci alla nascita di Gesù, conservando la differenza tra noi e Dio. Noi siamo testimoni della luce ma non siamo noi la luce. Dobbiamo convincerci che lo scopo della vita non è quello di brillare di luce propria bensì riflessa. Noi non siamo Dio, non lo diventeremo (almeno in questa vita…). Noi siamo Sua immagine – originali però, non fotocopie sbiadite – e per questo possiamo mostrarlo al mondo. Come? Come ha fatto Gesù: parlando di Dio come Padre, raccontando la gioia, esprimendo l’accoglienza, esercitando la solidarietà, fermandoci accanto al moribondo e al derelitto, rifiutando la cultura dello scarto, abbattendo le barriere delle provenienze… solo questa è la “bontà” collegata al Natale (e, detta così, è davvero interessante affermare che “a Natale diventiamo tutti più buoni”).

QUESTA SETTIMANA    “Pre-parare” è l’atto della disposizione di qualcosa perché sia pronto per uno scopo. In questa ultima settimana che mi separa dal Natale di Gesù non indugio nella preparazione di “cose”, come se fossero le uniche da fare, anche se sono le più simboliche e tradizionali, ma vivo la tradizionale Novena – anche in famiglia o in solitudine –  come occasione per disporre il cuore ad accogliere il dono della nascita di Dio con volto umano.

Pubblicato il 17 Dicembre 2019