IV DOMENICA DI AVVENTO

IV DOMENICA DI AVVENTO

8 Dicembre 2019 Mt 21,1-9

8 Dicembre 2019 Mt 21,1-9

QUARTA DOMENICA: OSANNA AL FIGLIO DI DAVIDE

Per ben due volte la prima lettura si apre con il verbo “consolare”, e dice “Consolate, consolate il mio popolo”. Questa lettura è il prologo dei capitolo 40 – 55 del libro del profeta Isaia, chiamato anche “Deuteroisaia” (non è l’autore del VIII sec. a. C. ma un suo discepolo o affine). Tutto questa parte viene anche intitolato “Il libro della Consolazione”.

Il popolo, deportato, si lascia prendere dalla sfiducia per il prolungarsi dell’esilio e si oppongono all’azione del “profeta”  (Is 40,12-49,12). Essi dicono: “Dio si è dimenticato di noi”, criticano l’azione del Signore dicendo che “è infedele e ingiusto, incapace di salvare”. A questa situazione di crisi il profeta risponde affermando che solo Dio è il creatore del mondo e il Signore della storia, egli è l’”unico”, non ci sono altri dei. Dio rimane fedele al suo impegno di liberare gratuitamente i prigionieri.

Il Signore si rivolge al profeta e consegna al profeta la sua parola di consolazione: “Parlate al cuore di Gerusalemme… la sua tribolazione è compiuta… il Signore viene con potenza… come un pastore egli fa pascolare il gregge…”. Dio viene per consolare, per dare sollievo, per confortare, per ridare la dignità di figli ad ogni essere umano, per dichiarare con la sua venuta nella carne che non c’è nulla di umano che non possa essere salvato, riconciliato, benedetto. Dio viene con potenza ma come un pastore fa pascolare il gregge. Non c’è rovesciamento del potere, non c’è conquista, non c’è forza: c’è solo presenza, vicinanza, amore.

Chissà se anche la folla, nel giorno dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme si è ricordata di questo passo di Isaia, ha fatto memoria della deportazione, della sfiducia e della parola di consolazione ricevuta e fattasi carne in Gesù, lo stesso uomo che ora – il contesto temporale è quello evangelico – entra in città e manda come un messaggio: “Io sono il Consolatore, il buon pastore, l’unico Dio che voi attendete”. Gesù “entra” così a Gerusalemme, “entra” così nella storia con la sua nascita semplice, umile, povera. Il messaggio è chiaro: nessun golpe militare, nessuna opera sovversiva, nessuna rivoluzione (nel senso più deteriore del termine).

Ma il clima che si respira è comunque euforico, gioioso. L’asino / bestia da trasporto (che non è una limousine), passa in secondo piano. Tutti sono estasiati per uno che per circa tre anni ha percorso in lungo e in largo il territorio all’intorno e ha fatto miracoli, ha parlato di Dio come Padre, ha restituito al tempio la sua “zona sacra” ed ora entra finalmente nella città Santa, Gerusalemme. Il grido non può attendere: “Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Forse il contesto ha fatto dimenticare anche quell’altra parola racchiusa nel racconto di Matteo: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro figlio di una festa da soma”.

Proviamo oggi a intitolare così questa quarta settimana di avvento: è l’ora di essere contenti.

La “gioia” è una emozione complessa, lo sappiamo. Non sappiamo definirla soprattutto perché ci sono contesti dove proprio non riusciamo a scorgerla. Eppure essa ci smuove dal di dentro, ci fa agire, camminare, progredire, ci rende creativi, ma a volte paghiamo il prezzo della sua volubilità e provvisorietà. Spesso è come un lampo, un istante, poi tutto torna come prima. Urge allora una correzione di rotta per non cadere nella trappola dell’illusione, della stanchezza, della sfiducia… a causa di una gioia poco duratura, che è solo “emozionale”. E la correzione di rotta è stata indicata dal Papa Francesco, nell’esortazione del 2013 “Evangelii Gaudium”: la gioia del Vangelo.

E’ l’ora di essere contenti, di una gioia che non è generica e poco identificabile. Dobbiamo identificare cosa ci da la gioia e in questo cammino di identificazione possiamo verificare se la gioia che perseguiamo è duratura o temporanea. La gioia del Vangelo è concreta perché è racchiusa in una storia, quella di Gesù. Per questo è una delle caratteristiche della Natività, cantata dagli angeli, vissuta dai pastori.

E’ l’ora di essere contenti perché anche nelle situazioni disperate, nelle quali ci sentiamo impotenti, incapaci di trovare soluzioni nelle situazioni inevitabili, è la presenza concreta e vicina di un amico, di un fratello, di un “vicino” di casa – appunto – che può farci sentire amati e quindi degni di gioire per la vita. Così ha fatto Dio: si è fatto uomo per dirci che è vicino, l’Emmanuele, addirittura è “Dio-con-noi”.

Ci avviciniamo al Natale. Le luci dei mercatini sono ancora più luminose. Le corse verso i regali sono già abbondantemente iniziate. Ma la gioia? Sappiamo gioire della vita, di questa vita, che è amata e benedetta da Dio perché l’ha scelta come forma concreta del suo esistere?

QUESTA SETTIMANA: Al termine della mia giornata, in preghiera, ricerco le occasioni di gioia che ho sperimentato e che ho donato agli altri. Verifico qual è il “motore” della mia vita, che cosa mi spinge in avanti: se è la gioia potentemente connessa alla speranza, oppure la rabbia, la paura, il lamento. Chiedo al Signore di sostenere la mia tristezza e convertirla nella sua gioia. Come gesto concreto, leggo in alcuni momenti di calma e tranquillità, l’esortazione di Papa Francesco “Evangelii Gaudium” (La goia del Vangelo)

Pubblicato il 8 Dicembre 2019