II DOMENICA DI AVVENTO
24 Novembre 2019 Lc 3,1-18
24 Novembre 2019 Lc 3,1-18
SECONDA DOMENICA DI AVVENTO: CHE COSA FARE NELL’ATTESA
Fare: esprime una azione, un’attività. E’ l’agire che ci identifica come essere umani, l’agire libero, pensato, scelto. E per ciascuno c’è un agire che gli è proprio, perché siamo originali non siamo fotocopie.
La domanda evangelica che emerge è interessante: “Che cosa dobbiamo fare?”. E’ l’unica domanda che interpella tutti, quando ci si trova a scegliere, quando la vita ci mette davanti un compito, quando si affaccia un inedito e inaspettato problema, quando – come accade nel vangelo – qualcuno ci risveglia da un torpore interiore e spirituale, abitudinario, che non si chiede più alcun perché, appunto – “Perchè faccio tutte queste cose? Perché vivo questa fede nel Signore? E perché la vivo proprio così, con queste scelte, con questi ritmi, con queste preghiere, con queste celebrazioni…?”.
Giovanni il Battista risveglia la coscienza dei presenti: “Razza di vipere… fate frutti degni di conversione” per manifestare la fede autentica,
- quella che va oltre all’affermazione “Abbiamo Abramo come Padre”, che detto per i nostri tempi potrebbe suonare così “Abbiamo il battesimo… Vado a Messa tutte le domeniche…”,
- quella che trova il coraggio di operare salti di qualità, senza fermarsi alla conoscenza appresa nel catechismo ma si lascia interpellare e interrogare dalla vita,
- quella che prevede la fatica di una conversione che è proprio la mia, è solo la mia e di nessun altro
Folle, pubblicani e peccatori, soldati… a ciascuno il suo “fare”, corrispondente alla propria natura, al proprio ruolo, alla propria condizione.
Il titolo di questa domenica potrebbe essere allora questo: “E’ l’ora di mettere a frutto i talenti”. Ma la parola talento non devi qui essere intesa come “abilità”, “capacità innata, personale” – cfr Italia’s got talent”… “Vangelo’s got talent” – bensì “dono” che è stato fatto a me, soltanto a me, proprio a me, nella mia sacra, unica e irripetibile individualità. E’ un dono di Dio così unico che se facessi come quello della parabola che ne ha ricevuto uno soltanto, sotterrandolo nel terreno, il mondo, la vita, i fratelli ne rimarrebbero senza. Per questo alla folla, il Battista suggerisce la carità: “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha…”. Ai pubblicani – esattori delle tasse – suggerisce la giustizia: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Ai soldati suggerisce il rispetto dell’uomo: “Non maltrattate e non estorcete…”.
L’attesa di Dio dunque non può essere paragonabile all’attesa di un treno o della propria fermata alla quale scendere, all’attesa dal dottore, non può assomigliare alle numerose attese dove per ingannare il tempo giochiamo col telefono nell’attesa. L’attesa di Dio è operosa, deve corrispondere ad un agire: “Preparate la via del Signore”, dice sempre il Battista. Oppure, per dirla con il profeta Baruc, è un ritornare gioioso, esultante, perché il Signore ci attende e ci vuole incontrare: “Ritornano i figli che hai visto partire, ritornano insieme, esultanti per la gloria di Dio”.
- è l’ora di mettere a frutto i talenti perché Dio si fa vicino, anzi, Dio è già vicino a ciascuno di noi. Ci guarda, anzi, ci contempla con una sguardo affettuoso per incoraggiarci a vivere, per incoraggiare l’attesa
- è l’ora di mettere a frutto i talenti perché contro il pessimismo, la paura e il lamento del nostro tempo diventiamo uomini e donne di consolazione e di speranza, la speranza evangelica (cristiana.., mi pare che noi ci definiamo così, no?) , quella che non si lascia vincere dall’imperfezione, dalla vulnerabilità, dal peccato, dalla superficialità, dall’illusione…
- è l’ora di mettere a frutto i talenti per superare l’isolamento, perché noi non bastiamo a noi stessi, perché chi è solo rimane solo, perché insieme è certamente più faticoso, chiede di prestare attenzione all’altro, chiede tempi lunghi per costruire ma ci moltiplica, moltiplica i doni, le opportunità della vita, ci rende più umani
Stupenda è la parola di Paolo ascoltata: “Il Dio della perseveranza e della consolazione ci conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una sola voce rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo”. E’ questa l’attesa che vogliamo vivere in questa seconda settimana di avvento.
QUESTA SETTIMANA: Libero il dono. Guardo la mia comunità, elenco i meravigliosi e numerosi talenti che essa dispone, cerco in ogni persona che incontro il “suo” proprio talento, guardo ogni persona che incontro con benevolenza perché a tutti e a ciascuno il Signore ha consegnato un dono che è sicuramente utile anche per me, e il mio dono è utile anche per gli altri.
Pubblicato il 24 Novembre 2019