LA PAURA DEL NATALE
Leggo con interesse, attraverso l’iscrizione al blog, questo articolo che mi ha particolarmente affascinato. Ve lo propongo come riflessione ma senza relegarla al giorno del Natale. Ritengo che ogni intuizione dell’autore possa spezzare le barriere temporali dei giorni di “festa” e arrivare fino agli estremi confini della coscienza per produrre un movimento interiore, spirituale e pastorale.
don Virginio
Beati gli inadeguati perché di essi sono i processi pastorali. Lo penso seriamente. Non come semplice battuta.
Quando accompagno con il nostro team processi di riforma o conversione pastorale, l’emozione diffusa che ci viene restituita è la paura. Sorella paura, che ci preserva dalla morte che ci possiamo procurare per inavvedutezza, scarsa lungimiranza. È un’emozione importante nella nostra vita e da tenere viva perché ci rende attenti, ci pone in tensione verso il nuovo per discernerlo. Basta che non arrivi a bloccarci, irrigidirci, e quando questo avviene è perché ci sono dei nodi interni a noi che trasformano la paura in panico, in angoscia. Ma il problema in quel momento, quindi, non è il cambiamento proposto, è ciò che internamente a noi ci irrigidisce e che va ascoltato e purificato.
Ma se abbiamo paura dei cambiamenti e se questa è cosa sana, perché non abbiamo paura del Natale? Perché non abbiamo paura dell’evento che manda a carte quarantotto tutti i piani, le certezze, le sicurezze fin qui acquisite. Perché questo è il Natale! È l’evento sconcertante e terribile, che scompagina tutti i piani dell’uomo. È l’irruzione violenta della novità che si irradia in un piccolo e indifeso neonato infreddolito nel buio desolato di una stalla. E violenza chiama violenza, come la morte di tanti innocenti.
Eppure festeggiamo! Cantiamo la gioia… dovremmo urlare disperazione. A meno che non sappiamo già come regolare anche questo virus inatteso che è lo Spirito. Che non abbiamo già riservato anche a lui un vaccino che ci renda immuni dalla novità. Così da sentirci adeguati a questo anno pastorale, adeguati al cammino sinodale, adeguati alla conversione pastorale.
Eppure ci sono persone che non stanno tornando. Ci sono catechisti ed educatori che non si trovano. Ci sono, anzi non ci sono più, le motivazioni profonde. E siamo appesantiti, per primi i sacerdoti e i religiosi. Allora sì che possiamo gioire alla novità così terrificante del Natale. Perché può essere il segno innestato nella storia che ogni certezza e convinzione, ogni sicurezza e modello saranno ribaltati dalla vita. Dalla vita perché è lei che cambia continuamente. La Chiesa non è semper reformanda perché la teologia – che non è più in grado di fare sintesi sulla realtà – lo dice. Non è un principio teologico è semplicemente una dynamis della vita, solo questo. Ogni cosa, come il nostro corpo, quando cessa di cambiare muore. E per fortuna nella Chiesa qualcosa sta morendo, lasciando un angoscioso e abissale vuoto da cui una flebile ma ancestrale luce cerca di farsi largo. Non è accecante, non è rutilante ma si deposita morbida come polvere sulle cose, sui gesti, sui volti. È la terribile novità che ci sorprende senza prenderci. Si annoda a noi senza attraversarci come un abbraccio.
È una novità da temere il Natale, perché non segue il modello della formazione, che fa entrare dentro un modello, struttura e rinforza, allinea e spiega – toglie le pieghe uniformando.
E’ una novità da temere perché ci rivela chi siamo realmente, rinfacciandoci la realtà, e ci accompagna nel tempo per farci uscire. Cresce accanto a noi, ci pone domande per destrutturarci, provocarci. E chi l’accoglie torna a camminare uscendo dalle rigidità corporali, torna a vedere uscendo dalle rigidità oculari, torna a parlare e gustare, e sentendo i sapori a desiderare.
Ci auguriamo di non essere pronti a questo Natale. Ci auguriamo di essere inadeguati per accogliere ciò che non siamo in grado di accogliere.
(https://missioneemmausblog.wordpress.com/2021/12/23/il-natale-dovrebbe-farci-paura/#more-1178)
Pubblicato il 26 Dicembre 2021