LA CHIESA DEL FUTURO
Durante il convegno pastorale presso l’Accademia Cusano di Bressanone, il 19 settembre 2023, ho posto queste domande: “Come potrebbe apparire la nostra Chiesa locale fra 15 anni? Cosa vediamo se immaginiamo di trovarci nell’anno 2038?” La mia risposta è stata la seguente: “Nel 2038 saremo meno numerosi, più umili e impotenti. Le nostre comunità di fede si saranno radicalmente ridimensionate, la Chiesa avrà meno rilevanza e sarà meno accettata a livello sociale. Abbiamo imparato a convivere con questa realtà e a interpretarla alla luce del Vangelo. Abbiamo compreso che questa è la realtà in cui Dio ci incontra, ci chiama e ci invia. Più siamo diventati umili e impotenti, più abbiamo riconosciuto che Dio è il nostro sostegno e la nostra forza. La perdita di influenza sociale ci ha aiutato a diventare una Chiesa delle Beatitudini che trae la sua forza e la sua credibilità dalla sua debolezza.”
(dalla “Lettera Pastorale per la Quaresima 2024”, Mons. Ivo Muser, Vescovo della Diocesi di Bolzano-Bressanone)
Ho letto con piacere, non senza un poco di apprensione, la lettera pastorale del Vescovo di Bolzano, di cui è tratta l’introduzione. Già il titolo è significativo: «Perchè rimango?». Mons. Muser legge con profondità di sguardo e serenità di cuore la situazione attuale della sua chiesa diocesana, cercando di “immaginare” che cosa sarà nel prossimo futuro, a distanza di 15 anni dal presente.
Certo – direbbe l’ambrosiano DOC – ma la nostra Diocesi Milanese non ha solo 281 parrocchie come quella altoatesina. Ma io mi chiedo: è nella grandezza territoriale o numerica che farà la differenza? è per questo che “noi” saremo immuni ai cambiamenti in atto?
Sarebbe interessante guardare più a fondo alle proiezioni statistiche su come potrà modificarsi la nostra realtà locale. Si si pensi ad esempio alla diminuzione delle nascite e la conseguenza che avrà nel 2038.
Continua il Vescovo: “Ancor più di oggi, le persone dovranno decidere personalmente cosa significa per loro la fede e perché vogliono rimanere nella comunità della Chiesa”.
Un’affermazione di grande portata, dove appare chiaramente che la vita delle comunità cristiane è e sarà supportata in futuro da coloro che “decideranno personalmente” di rimanere – e io aggiungo – nonostante tutto ciò che accade.
Anzi, continua “è importante riconoscere e accettare questa situazione, perché sono le condizioni in cui ci troviamo oggi. Non è una situazione ideale né un’immagine auspicata: “pochi ma buoni” non è l’ideale della chiesa! Ma questa è la realtà di oggi e il mondo in cui siamo inviati. Accettarlo è il presupposto per qualsiasi altro passo.”
LE PAROLE DELLA CHIESA
Sono parole inflazionate, si aggiungono in ogni discorso sulla chiesa. Un po’ ce lo abbiamo per vizio: impariamo una parola nuova e la utilizziamo per esprimere – ahimè – concetti, idee e pensieri sempre identici. Cambiamo solo le parole. Ogni stagione ha le sue. Peccato che non siano rivestite di contenuto ma rimangono solo slogan che dicono la meta ma non esprimono con coraggio i passi da fare.
Doiv’è la pietra di inciampo in questo cammino? «Si gioca al cristianesimo […], Tutto si riduce a decorazione esterna, a modi di dire […] E’ una cosa tremenda che nell’elenco delle eresie e degli scismi non figuri quella che è l’eresia più pericolosa di tutte: giocare al cristianesimo» (S. Kierkegaard)
LAICI O SEMPLICEMENTE BATTEZZATI?
Una delle parole che – a mio parere – è così inflazionata da perdere quasi completamente il suo significato è “laico”. Dal vocabolario, il termine, come sostantivo maschile, indica un “credente cattolico non appartenente allo stato ecclesiastico (contrapposto a chierico)”, mentre come aggettivo, “contrapposto a confessionale, nel campo della propria attività rivendica un’assoluta indipendenza e autonomia di scelte nei confronti della Chiesa cattolica o di altra confessione religiosa”.
Laico ha principalmente un significato “in negativo”, identifica “cosa non è”, invece di dare significato e valore a ciò che è: un battezzato, un adulto nella fede, che vive “il fascino del cristianesimo”, come lo definisce il Vescovo Muser: “Questa è la speranza pasquale che mi sostiene e per cui mi impegno: Gesù Cristo e la fede in Lui sono un dono per le persone – sempre nuovo in ogni tempo! Questa fede dona speranza e orientamento – nella vita e nella morte. Questa fede vive nelle persone che hanno scoperto tutto ciò che ci è stato donato in Gesù, il crocifisso e risorto, e attraverso la Sua presenza nella comunità dei credenti. Perciò i cristiani non vivono per sé stessi, ma si impegnano per la società in cui vivono. Si adoperano per gli altri, possono mettere se stessi in secondo piano, vivono in modo sobrio e si prendono cura responsabilmente del prossimo e dell’ambiente. Si considerano missionari al proprio posto. Sono pronti ad essere testimoni di quella speranza che li pervade (cfr. 1Pt 3,15)”.
LA NUOVA MISSIONE DELLA CHIESA
“La nuova evangelizzazione sarà sempre più, come nei primi tempi della chiesa, opera dei laici (battezzati, ndr). La nuova missione sarà laicale o non sarà perchè le caratteristiche della società secolare implicano un nuovo rapporto «faccia a faccia» nutrito e alimentato dalla vita quotidiana” (G. Campanini, Quale fede, Portalupi editori, 2004, pag. 16).
Pubblicato il 23 Marzo 2024