IN PRINCIPIO LA COMUNIONE

IN PRINCIPIO LA COMUNIONE

Ho scelto questa foto che ritrae la Suora in un giorno di festa, nel quale abbiamo consegnato la “Cittadinanza Parrocchiale Onoraria” (l’abbiamo inventata apposta per lei), per comunicarle, nella forma sempre gradita della festa, della gioia, del sorriso, la stima e l’affetto di tutta la comunità rosatese.

Ho provato a riassumere questa ordinaria e straordinaria presenza…

 

”Allora! Mi faccia sapere, don Virginio, quando è a casa, puntuale però! Perché i pizzoccheri vanno mangiati subito, appena fatti.”

E’ una delle tante espressioni di Sr Irenilde per anticipare momenti ben più importanti e profondi del pasto (anche se, i pizzoccheri…). Pranzare è un contenitore che veicola relazioni. I tanti ”bei risutin”, la carbonara, le lasagne di verdura o la pizza della Valeria, per la Suora diventavano occasione preziose per incontrarci. Perché l’obiettivo non era principalmente mangiare – anche se… – bensì condividere e comunicare il cuore. Sr Irenilde ha fatto questo. Non ci ha detto ”delle cose”, non ci ha ”predicato” il Vangelo. Ci ha trasmesso il cuore: il suo e quello di Dio.

La memoria

I racconti lucidi e chiari della sua lunga storia di vita, con dettagli capaci di visualizzare la scena concreta, trasmettevano l’anima e il desiderio: un amore grande e permanente, anche nelle situazioni più difficili e complesse, verso il Signore Gesù e verso i fratelli e sorelle che le erano stati affidati. E sono stati davvero tanti, nei suoi oltre 70 anni di vita religiosa.

Ho scoperto con stupore che la sua prima destinazione fu la parrocchia di Pioltello, il mio paese natale. Non si è fermata molto, ma quando raccontava i primi momenti ”terribili” nella scuola materna, con fanciulli che piangevano e ”se la facevano addosso” gli si illuminava il volto: ”Non ero ancora capace di fare tutte queste cose e mi hanno mandato subito in mezzo ai bambini. E ho dovuto imparare subito e in fretta”.

Come non ricordare la leggerezza del suo racconto, quando rientrata in casa – qui a Rosate – ”beccò” in flagrante uno sconosciuto, entrato dalla finestra con l’intenzione di rubare. ”Ma cosa fa qui? Non è casa sua. Vada fuori subito! Forza! Esca di qua!”. Col senno di poi, si rese conto del pericolo accorso, ma ogni volta che raccontava non dimenticava di spiegarne le ragioni della sua serenità: ”Eh, li si che la Provvidenza mi ha davvero aiutata”.

Oppure – ma ce ne sarebbero un’infinità – in Veneto, quando il principale sostentamento primario era la produzione in proprio di alimenti: animali da cortile, orto e… grappa fatta in casa. Un giorno – raccontava – attratti dal ”profumo”, i carabinieri del luogo chiesero con sospettoso interesse che cosa stesse accadendo ”in convento”. Con la sua immediatezza e semplicità, la risposta: ”Oh, non vi preoccupate! Ne volete una bottiglietta? Ve la regalo”.

Le ho fatto una proposta qualche anno fa: ”Suora, perché non scriviamo un libro della sua vita?”, cercando di motivarla spiritualmente, ”come ha fatto Santa Teresa di Lisieaux che ha scritto la ”Storia di un anima” su invito della Madre Superiora”. Con tratti simpatici di diniego sul volto, la risposta fu prevedibile: ”Ma no! Io non conto niente, niente storia, lasciala nella memoria di Dio. E poi io non sono ancora una santa!”. Ancora?

Il sorriso

Il sorriso accompagnava i racconti, si alimentava di se stesso. Era come un lampo casuale ”a ciel sereno”. A volte era il gusto di un cibo, gradito a Sr Irenilde e tendenzialmente sgradito a Sr Giuseppina e a Sr Bonosa. Lumache e rane erano la migliore occasione per sorridere.

Oppure era una nuova parola che non sapeva pronunciare, che storpiava a tal punto da farla diventare un’altra cosa. Così ”sac-a-poche” diventava ”sacchi pochi” e non riusciva a capire cosa centrasse la quantità di sacchi legata alla creazione di un dolce.

Quando a tavola si facevano riflessioni sull’età, non si poneva decisamente dalla parte dei veterani. Rientrata mia mamma dall’ospedale, Sr Irenilde mi chiama e mi comunica la sua felice intenzione: ”Ora che la Valeria è tornata a casa, lei non si preoccupi. La curo io, perché lei è un po’ vecchietta e ha bisogno di aiuto”.

Alla sera dopo cena io non ero sempre presente. Quando rientravo presto sentivo dalla cucina pervenire sonore risate ininterrotte. Una caratteristica del buon vivere, dello stare insieme, del gioire di cose semplici. E non si contava il tempo trascorso: ”Allora, Suora, andiamo a letto o no?”. ”Ma no, è presto, non è neanche mezzanotte!”.

Il pianto

Non lo ha mai nascosto. Man mano che le forze si assottigliavano, dopo alcuni giorni d’ospedale nell’agosto scorso, chiaramente percepiva che non poteva più fare ciò che faceva prima.

Ha alternato momenti di sconforto – molto umani e comprensibili – quando attraversava istanti di sofferenza fisica, a momenti che gli confacevano, quelli sorridenti, nei quali dimenticava la fatica precedente e si concentrava sul momento presente.

Come non ricordare la sua felice espressione ”Guarda! Sono in altalena! Una suora in altalena!” la prima volta che fu spostata dal letto alla carrozzina con il sollevatore elettrico.

La nostra comunità le ha fatto un regalo davvero grande: le ha dato la possibilità di sentirsi ancora parte di noi per alcuni mesi, dopo il primo ”cedimento”, fino al gennaio di quest’anno. La valutazione complessiva del suo stato di salute, delle cure e soprattutto dell’assistenza che necessitava, giorno e notte, hanno evidentemente richiesto una struttura più adeguata: la comunità delle Suore in Leggiuno. Poi l’emergenza sanitaria ci ha impedito di incontrarla in questi suoi ultimi mesi.

Sono convinto però che ciascuno, chi l’ha conosciuta, frequentata, anche solo intravista nei luoghi più diversi, tra una colazione e l’altra, all’adorazione in San Giuseppe, alle celebrazioni in chiesa parrocchiale, in occasione di anniversari di vita religiosa o di feste parrocchiali… la incontra ancora quando scorge in sé un tratto dell’umanità che ci ha regalato. Non solo un ricordo, molto di più: un testamento spirituale.

 

don Virginio

 

 

 

Pubblicato il 9 Ottobre 2020